«Dirò ora come ho avuto la rivelazione di un quadro che ho esposto quest’anno al Salon d’Automne e che ha per titolo: L’enigma di un pomeriggio d’autunno. Durante un chiaro pomeriggio d’autunno ero seduto su una panca in mezzo a Piazza Santa Croce a Firenze. Non era certo la prima volta che vedevo questa piazza. Ero appena uscito da una lunga e dolorosa malattia intestinale e mi trovavo in uno stato di sensibilità quasi morbosa. La natura intera, fino al marmo degli edifici e delle fontane, mi sembrava convalescente. In mezzo alla piazza si leva una statua che rappresenta Dante avvolto in un lungo mantello, che stringe la sua opera contro il suo corpo e inclina verso terra la testa pensosa coronata d’alloro. La statua è in marmo bianco, ma il tempo gli ha dato una tinta grigia, molto piacevole a vedersi. Il sole autunnale, tiepido e senza amore illuminava la statua e la facciata del tempio. Ebbi allora la strana impressione di vedere tutte quelle cose per la prima volta. E la composizione del quadro apparve al mio spirito; ed ogni volta che guardo questo quadro rivivo quel momento. Momento che tuttavia è un enigma per me, perché è inesplicabile. Perciò mi piace chiamare enigma anche l’opera che ne deriva.» [Giorgio de Chirico, 1912] 

«Immaginate, uomini, una cosa impossibile, una cosa assurda, pazza, incredibile e terribile. Immaginate che tutto il mondo si fermasse ad un tratto, in un certo istante, e che tutte le cose restassero in quel punto in cui erano e che tutti gli uomini diventassero immobili, quasi statue, in quella posa in cui erano in quel momento, in quell’atto che stavan compiendo…» [Giovanni Papini, Lo specchio che fugge, 1975] 

La Metafisica nasce e si sviluppa come corrente pittorica d’avanguardia italiana a partire dal 1915, per opera di Giorgio de Chirico, suo fondatore e teorico, e altri artisti quali Carlo Carrà, Alberto Savinio, Giorgio Morandi e Filippo de Pisis, che vi aderirono per qualche tempo.

Sebbene già dal 1910 De Chirico inizi a praticare una pittura basata sulla decontestualizzazione dei soggetti rappresentati in una nuova realtà percepita come immobile e assoluta, è l’incontro con Carrà nell’ospedale militare di Ferrara, dove entrambi sono ricoverati in convalescenza dall’aprile all’agosto del 1917, che segna la svolta decisiva dei due artisti verso la nuova pittura. Entrambi rimangono suggestionati dalla città estense, con il castello e le piazze silenziose, fonte d’ispirazione per quelle piazze d’Italia immerse in un’atmosfera sospesa e onirica, popolate di misteriosi manichini e statue solitarie, fuori dal tempo.

La Metafisica nasce come risposta al Futurismo e alla tragedia della guerra: all’esaltazione della velocità, del dinamismo, del fragore delle macchine prima e delle armi poi — parabola del tumultuoso progredire della società industriale verso il primo conflitto mondiale — la nuova pittura metafisica contrappone l’immobilità e il silenzio. Alla volontà di fare fare tabula rasa del passato e di tutti i suoi valori statici, vecchi e sorpassati, per rispecchiare l’impetuoso incedere della modernità, la nuova pittura cerca invece un linguaggio capace di porsi al di sopra della storia e di andare oltre il tempo e il luogo reale in cui vede la luce.

L’intento è quello di trascendere la realtà fisica attraverso la raffigurazione di soggetti privi di riferimenti temporali, storici e geografici definiti. Tempi e luoghi diventano assoluti e universali, appartenenti più alla sfera dell’immaginario che alla realtà quotidiana. Si recupera la tradizione figurativa italiana con continui rimandi all’antichità classica, non però nella sua accezione razionale e ideale ma in una definizione assoluta, astorica e atemporale.

Numerosi sono i rimandi filosofici (l’idea del mito immanente di Nietzsche), letterari (Soffici e Papini) e artistici (la pittura simbolista di Arnold Böcklin).

Dal punto di vista tecnico, la pittura metafisica si caratterizza per: 1) la presenza di molteplici punti di fuga non logicamente coerenti, che vìolano la prospettiva lineare centrica classica costringendo l’osservatore a ricercare continuamente l’ordine di disposizione degli elementi raffigurati; 2) l’assenza di figure umane sostituite da manichini, statue e personaggi mitologici a sottolineare un senso profondo di solitudine; 3) un colore steso a campiture piatte e uniformi; 4) ombre più lunghe rispetto all’ora del giorno rappresentato; 5) un generale senso di mistero e irrealtà.

Lo spettatore di fronte all’opera metafisica ne esce sgomento, pervaso da un profondo senso di inquietudine e carico di interrogativi ai quali non sa dare risposta. L’arte non è più rappresentazione del mondo ma è fine a se stessa, ed ha come unico scopo indagare sul suo stesso linguaggio e la sua stessa struttura. E’ la ricerca del significato più intimo della pittura.

Le Muse inquietanti (1916)Ettore e Andromaca (1917) e le Piazze d’Italia di De Chirico rappresentano bene la visione onirica della pittura metafisica, secondo la quale — rifacendosi alla teoria di Schopenhauer sulle apparizioni — è attraverso il sogno che l’uomo è in grado di superare i concetti di spazio, tempo e causalità per raggiungere una realtà non contingentemeta-fisica appunto. Atmosfere oniriche e apertura all’inconscio saranno fonte d’ispirazione per il Surrealismo e il Dadaismo, che dieci anni più tardi scandalizzeranno la società borghese, mettendone in discussione le certezze e svelandone i segreti e le pulsioni più nascoste.

Per Carlo Carrà invece la pittura metafisica è soprattutto ricerca di valori formali puri, quindi non descrittivi e non contingenti — anticipando in questo senso il movimento dei Valori plastici — come nell’Idolo ermafrodito (1917), dove un manichino dai contorni nitidi e dai colori tenui è ritratto in una posa solenne e in un’atmosfera incantata, quasi ad annunciare la nascita di una nuova mitologia sulle rovine della pittura precedente.

Giorgio Morandi punta invece sulla concretezza, dando alle sue nature morte un equilibrio formale e cromatico dove oggetto e spazio assumono uguale importanza, come in Natura morta con manichino (1918).

Fonti:

  1. L. Parmesani, L’arte del XX secolo e oltre. Movimenti, teorie, scuole e tendenze. Skira Editore, Milano, 2012, pp. 33-34.
  2. Il Novecento. Avanguardie. Collana “I Secoli dell’Arte”. Mondadori Electa, Milano, 2005, p. 108.
  3. https://www.treccani.it/enciclopedia/pittura-metafisica/
  4. https://it.wikipedia.org/wiki/Pittura_metafisica

«I futuristi hanno svolto questo compito nel campo della cultura borghese: hanno distrutto, distrutto, distrutto, senza preoccuparsi se le nuove creazioni, prodotte dalla loro attività, fossero nel complesso un’opera superiore a quella distrutta: hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costume, di linguaggio: hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista, quando i socialisti non si occupavano neppure lontanamente di simile questione, quando i socialisti certamente non avevano una concezione altrettanto precisa nel campo della politica e dell’economia, quando i socialisti si sarebbero spaventati (e si vede dallo spavento attuale di molti di essi) al pensiero che bisognava spezzare la macchina del potere borghese nello Stato e nella fabbrica. I futuristi, nel loro campo, nel campo della cultura, sono rivoluzionari; in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi: quando sostenevano i futuristi, i gruppi operai dimostravano di non spaventarsi della distruzione, sicuri di potere, essi operai, fare poesia, pittura, dramma, come i futuristi, questi operai sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi.» [Antonio Gramsci]

Le istanze rivoluzionarie e di rottura dello status quo insite nel movimento futurista ben si accompagnano, nella visione di Gramsci, a quelle della rivoluzione socialista. Il Futurismo conosce inoltre, nei suoi primi anni, una certa popolarità all’interno del movimento operaio anche per la diffusione di alcuni numeri della rivista Lacerba a prezzi popolari.

Il movimento futurista, nella sua prima fase e prima di divenire organico al fascismo, presenta molti elementi di contatto con il socialismo e l’anarchismo, tanto che per i primi quindici anni dalla sua nascita nel 1909, gran parte della componente di sinistra del movimento si identifica nel cosiddetto anarcofuturismo. L’esaltazione della violenza, la lotta al passatismo, il disgusto per tutto ciò che è borghese e istituzionalizzato sono elementi che, accanto all’eversione (linguistica nel caso del futurismo) accomunano sia il movimento anarchico che quello futurista, le cui radici vanno ricercate nel pensiero individualista di Nietzsche e Stirner.

Boccioni, Lucini e Carrà sono gli artisti che, almeno in una prima fase di adesione al movimento, mostrano sensibilità al pensiero anarchico.

Fonti:
A. Gramsci, Socialismo e fascismo. L’Ordine Nuovo. 1921-1922. Einaudi, Torino, 1966.
https://it.wikipedia.org/wiki/Futuristi_di_sinistra